Perché si dice “Mangiare a Tavola 28”?

Oggi si mangia a tavola (o casa) 28!

 
Nelle radici della cultura popolare dei nostri padri ricorre la locuzione “mangiare a Tavola 28”, o “a Casa 28”, o anche “a Spesa 28”. Che significa ‘essere ospiti a casa di amici e parenti, a pranzo o a cena’.
 
Questo modo di dire, ben attestato nella Puglia settentrionale, è presente anche nei dialetti apulo-baresi, dove si presenta spesso con una locuzione verbale più semplice: mangè a vvendòtte “mangiare a ventotto”.
 

Ma da dove deriva questo modo di dire?

 

Lo chiediamo all’esperto Giovanni Laera, ricercatore e membro del Centro Studi sui Dialetti Apulo-Baresi.

 

<< Ci sono diverse teorie che ci riportano alle origini di questo modo di dire. Tra le quali, mi sentirei di escludere quella – eccessivamente dotta – che fa risalire la tavola/casa 28 alle 28 tavole cinquecentesche di Bartolomeo Scappi.

 

Un’altra ipotesi poi ci porta addirittura nell’antica Grecia. Per i Greci il numero ideale dei convitati era dieci, ma qualche volta gli ospiti potevano essere sette in onore di Atena, dea della saggezza. Platone, invece, preferiva il numero ventotto, in omaggio a Febe (associata alla luce della luna), che compie il suo corso in ventotto giorni.

 

Invece secondo il foggiano Osvaldo Anzivino (“Si dice a Foggia”, Grenzi ed., 2000), l’origine di tavola/casa 28 sarebbe da rinvenire sul calendario. Il 28 del mese, infatti, è il giorno in cui gli stipendi sono già riscossi e quindi c’è maggiore possibilità di spesa per imbandire una buona tavola e fare bella figura invitando parenti e amici.

 

Ma se dovessi sbilanciarmi, opterei per un’altra interessante ipotesi, che fa risalire questo modo di dire alla smorfia napoletana, molto conosciuta in tutto il Mezzogiorno, tanto da plasmare proverbi ed espressioni in diversi dialetti centromeridionali.

 

Nella smorfia il 28 equivale alle tette (‘e zzizze). Secondo questa spiegazione, dunque, chi mangia a sbafo viene paragonato al bambino che poppa gratuitamente dal seno materno. >>

 

Grazie assai a Giovanni Laera!


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