Caro Inchiostro di Puglia,
anche quest’estate la mia famiglia non ha voluto mancare al consueto appuntamento con la preparazione di qualche quintale di salsa di pomodoro.
A dirigere i lavori c’è la mia instancabile mamma, che in primis si occupa della scelta e dell’acquisto dei pomodori (con relativa contrattazione del prezzo, che a seconda delle annate oscilla tra i 70 e gli 80 centesimi al chilo).
Ogni anno la scena si ripete pressoché uguale: si inizia a lavorare la sera prima del grande giorno, lavando i pomodori, ma non tutti, sarebbe impossibile, giusto il quantitativo che basta per la prima “cotta”; l’indomani, sveglia all’alba, per mia madre ancora prima perché deve mettere a bollire l’acqua nel pentolone dove cuocere i pomodori.
Gli altri “operai” si possono alzare un pochino più tardi, ma comunque appena dopo l’alba, perché l’aria è più fresca, non ci sono ancora le mosche e si lavora meglio.
Ci dividiamo i compiti: c’è chi lava i pomodori (il ruolo a mio avviso più pesante, perché ogni tre per due si butta un occhio a quanti ancora ne mancano e la sensazione è che non si finirà mai), c’è chi monitora la cottura dei pomodori, chi poi li trasferisce a “scolare” su delle enormi reti (realizzate dal mio carissimo e compianto nonno almeno una trentina di anni fa) e poi c’è chi si occupa di passare i pomodori nella macchinetta che li spreme, operazione che lascerà delle stimmate inequivocabili e inevitabili sul corpo e sui vestiti.
Infine si passa all’imbottigliamento del prodotto finito (le bottiglie sono ormai vintage, di fanta, di coca cola, di ferrarelle e di birra che non si trovano più in commercio da decenni) e alla successiva bollitura.
È un lavoraccio e ogni anno mi chiedo chi ce lo faccia fare, ma si sa, la salsa fatta in casa ha tutto un altro sapore (forse perché è condita anche col sudore di tutti), è genuina, e a conti fatti è anche conveniente… e poi è un’occasione per stare insieme, per rievocare il passato in ogni gesto e in ogni odore… noi giovani non sempre riusciamo a capire quale motivazione spinga i più anziani a perpetrare indefessi tale rito, ma sono pronta a scommettere che noi stessi saremo i primi a portare avanti la tradizione non appena toccherà a noi farlo, per far sì che anche i nostri figli imparino ad apprezzare questi momenti di lavoro condiviso e possano a loro volta conoscere questa arte antica e tramandarla ai loro posteri.
E poi, oltre alla fatica, c’è anche il divertimento e una buona dose di suspence che aggiunge pepe a tutto quanto: i pomodori di quest’anno quanto renderanno? La salsa verrà bene o sarà acqua acqua? La macchinetta funzionerà o ci lascerà a terra a metà lavoro e dovremo correre a recuperarne un’altra in prestito dal vicino di campagna? E la bombola del gas basterà per tutta la bollitura? E ‘ste macchie, se ne verranno con la candeggina delicata?
A fine mattinata, quando la concitazione finisce e cede il passo alla stanchezza, ci consola una certezza: per pranzo ci attende un delizioso piatto di pasta col sugo appena realizzato! E ci sembra una benedizione, una manna dal cielo, la cosa più buona che abbiamo mai mangiato!!!
Buona salsa a tutti.
Roberta da Monopoli