Perché quando uno è scapolo si dice che è “Vacantino”?


Il vacantino o vacantìo è per tutti i pugliesi lo scapolo o, al femminile, la zitella (o la signorina grande).

Da dove deriva questa forma dialettale?


Alla base c’è l’aggettivo vacante che, in dialetto come in italiano, significa ‘vuoto’.


E perché lo scapolo o la zitella sarebbero vuoti?
Il verbo latino vacāre, all’origine della nostra parola, in realtà non significava solo ‘essere vuoto o libero’, ma aveva anche un valore ben preciso riferito alla donna.

Infatti già Quintiliano usava ‘vacare’ per indicare la condizione di una donna che si trovava senza marito, nubile.


Nel Medioevo, nello specifico in un documento del IX sec., con “filia vacante” ci si riferiva addirittura alla figlia vedova. Da noi, invece, la vedova è la “cattiva” perché con il latino tardo (uxor) captiva (penatibus) si indicava la moglie prigioniera (captiva), costretta nella sua abitazione dopo la morte del marito.


Dal participio presente di vacare, dunque, abbiamo l’aggettivo vacante.


Perché poi si è sviluppata la voce dialettale vacantino/vacantìo?


L’etimo risale al latino tardo vacantivus che significava ‘soprannumerario’. Del resto in alcune parlate meridionali vacantivo indica anche un terreno libero e incolto (basti pensare al sardo bacantivu, vacantivu) o addirittura una donna sterile.


Facciamo notare, infine, che dal verbo vacare deriva pure la parola vacanza. Se il vostro pensiero sta andando a “Quando la moglie è in vacanza” di Billy Wilder, fatevi un bell’esame di coscienza. Così magari, cari non-vacantini nostri, vi passerà “il prurito del settimo anno”, vera traduzione del titolo originale del film.

Grazie al nostro esperto Giovanni Laera!


*Giovanni Laera – Dottore di ricerca in “Linguistica italiana” presso l’Università degli Studi di Torino, è autore di diversi lavori scientifici su lessico, onomastica e folclore nei dialetti apulo-baresi. È tra i soci fondatori del Centro Studi sui Dialetti Apulo-Baresi. Ha lavorato in qualità di cultore della materia in “Dialettologia italiana”, “Grammatica italiana” e “Storia della lingua italiana” presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” e l’Università degli Studi eCampus. Con il Centro Studi ha fondato nel 2018 la rivista “Lingua gnostra. Quaderni di studio sui dialetti apulo-baresi”. Nel 2019 per “Pietre Vive” il suo primo volume di poesie dialettali intitolato “Fiore che ssembe”.


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